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Au revoir Taipei

Un film di Arvin Chen

Au Revoir Taipei
Un film di Arvin Chen. Con Hsiao-chuan Chang, Yue-Lin Ko, Amber Kuo, Jack Yao Titolo originale Yi yè Tái bei. Commedia, – USA, Taiwan 2010.

Da quando ha visto partire dinnanzi a sé il taxi che ha condotto la fidanzata ad un volo per Parigi, Kai ha il cuore spezzato e non riesce a pensare ad altro che al giorno in cui potrà raggiungerla. Le sue giornate a Taipei trascorrono lentamente, fra un lavoro come fattorino per il ristorante dei suoi genitori e serate in libreria passate a studiare nozioni di grammatica francese. La sua assidua presenza attira la curiosità di Susie, una giovane dipendente del bookshop, che si intenerisce per la sua situazione e cerca di tirargli su il morale. Quando, in una delle brevi e sporadiche conversazioni su internet, Kai si rende conto che sta perdendo la sua amata, disperato, si rivolge ad un piccolo boss del quartiere, Brother Bao, perché lo aiuti a partire al più presto per la Ville Lumière. Giovani romantici, gangster improbabili, poliziotti gelosi, goffi balli di gruppo e jiaozi al vapore in quantità, sono gli elementi che colorano questa commedia romantica surreale in cui tutto appare come un gioco. Gli innamorati portano con leggerezza il peso dei gravosi tormenti del cuore, i gangster sono ragazzini in tenuta sgargiante che fanno minacce con pistole giocattolo, i boss della malavita conducono traffici loschi ma sotto sotto sono dei sentimentali, e perfino i poliziotti antepongono le difficoltà coniugali al loro ruolo istituzionale. Ognuno di loro si diverte fanciullescamente a fare la sua piccola parte in un gioco ancora più grande con gli stereotipi e le caratterizzazioni del noir occidentale. Quel che tuttavia distingue lo spirito ludico dell’esordiente Arvin Chen da una banale parodia giovanile di Marcel Carné o Jean-Pierre Melville è la configurazione della città di Taipei, che Chen non rende una semplice cartolina ma un luogo fatto di luci al neon e di vicoli bui dove poter vivere o sognare un’avventura diversa ad ogni angolo della strada. L’universo reale descritto dal continuo movimento dei personaggi (che, nell’arco di una sola notte, fuggono attraverso interi quartieri, utilizzando tutti i mezzi di trasporto) non ammette nessun establishing shot e non include nessun elemento facilmente riconoscibile. All’interno della “vera” Taipei costruisce invece un universo di assoluta finzione, dove ogni cosa è sostituita da un suo artificio ludico (dalle pistole alla droga, dalla danza alle telenovelas scadenti che passano in televisione) e dove per entrare bisogna sottostare alle regole del gioco. Su tutto il progetto, Wim Wenders pone la sua approvazione come produttore esecutivo, forse attratto dal girovagare dei personaggi attraverso una città fatta di luci e colori.



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