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ICONE. Tradizione/contemporaneità a Monreale

Icone post-bizantine della Sicilia nord-occidentale e interpretazioni

ICONE. Tradizione/contemporaneità a Monreale

Dal 4 aprile al 4 settembre 2019, presso l’Aula Capitolare di San Placido del Museo Diocesano di Monreale (via Arcivescovado 8), si svolgerà la mostra ICONE. Tradizione/contemporaneità, a cura di Francesco Piazza e Giovanni Travagliato. Un omaggio alla storia dell’arte e alla tradizione greco-bizantina.

Dodici icone post bizantine in dialogo con altrettante icone contemporanee ad esse ispirate. Un’ interpretazione e un confronto affidato a dodici artisti, sei greci (Manolis Anastasakos, Dimitris Ntokos, Nikos Moschos, Kostantinos Papamichalopoulos, Zoi Pappa, Christos Tsimaris) e sei siciliani (Giuseppe Bombaci, Sandro Bracchitta, Giorgio Distefano, Roberto Fontana, Antonino Gaeta e Ignazio Schifano), che si misurano con l’espressione artistica che maggiormente rappresenta la grecità e l’influenza reciproca tra i due popoli.

Punto di partenza dell’esposizione è il dialogo tra storia e contemporaneità, a partire dalla conoscenza delle testimonianze culturali iconografico-liturgiche post-bizantine nella Sicilia nord-occidentale, e, in particolare, la produzione di immagini sacre da parte di maestranze veneto-cretesi, destinate alle comunità cattoliche di rito greco insediate sul territorio già a partire dal XV secolo.

La Sicilia per lunghi secoli è stata Grecia: basti pensare ai notevolissimi monumenti, alle famose personalità artistiche e scientifiche che hanno contraddistinto la nostra terra, dove fiorì un importante, singolare, composito aspetto della civiltà greca. La Sicilia possiede antichità greche della stessa rilevanza di quella della madrepatria e presenta un ambiente culturale aperto alle più varie influenze delle zone del Mediterraneo. Senza dubbio, l’apporto e il dialogo culturale tra Grecia e Sicilia, mai interrotto nel corso dei secoli, ha conosciuto canali originali, soluzioni sempre inedite, risultati geniali.

La mostra ha l’obiettivo di evidenziare questo intenso e importante connubio culturale tra la Sicilia e la Grecia, tramandatoci nei secoli soprattutto nella sua componente più alta, ossia quella religiosa, anche nei delicati momenti che hanno segnato la storia delle comunità greche e albanesi nel XV e XVI secolo, a seguito della diaspora.
Simbolo di questo rapporto e apporto culturale sono le icone, che conservano al loro interno una molteplicità e complessità simbolica che le trasforma in “trattati di teologia”. Con grande forza concettuale, le icone raccontano un universo solo a prima vista leggibile e comprensibile, ma che si svela lentamente in una dirompente complessità di simboli e linguaggi.

Il confronto tra artisti greci e siciliani può far emergere sia i punti di contatto, sia la diversa visione o distanza culturale tra due modi diversi di intendere l’arte sacra e la contemporaneità. Se nel Novecento si ricordano autori come Malevič, Klein, Klee, è solo perché è evidente la loro vicinanza teorica (e operativa) con l’universo delle icone, con la complessità che passa dalla tradizione iconica all’attestazione di uno stratificato senso simbolico dell’arte figurativa. In loro si evidenzia un essenziale momento teorico; cioè non sono i contenuti rappresentati ad essere essenziali per una genesi del simbolico, bensì, al contrario, l’indeterminatezza di tale contenuto, il momento teorico appunto, funge da medium verso l’invisibile, senza tuttavia abbandonare il legame estetico-sensibile con il reale e le sue composite forme.

Il patrimonio storico-artistico dell’Eparchia di Piana degli Albanesi rappresenta il punto di forza della mostra, che si propone come obiettivi una rielaborazione concettuale dell’iconostasi, la parete decorata da icone che separa il nàos dal bèma, lo spazio dedicato ai fedeli da quello riservato alla liturgia, la parte “sensibile” da quella “intelligibile”. L’allestimento evidenzierà il rapporto tra le icone antiche e i dipinti di nuova produzione, che ogni artista elaborerà secondo la propria poetica e cifra stilistica, mantenendo intatta l’iconografia originale pur attingendo al proprio background culturale, al proprio vissuto come bagaglio esperienziale, per raccontare, in forme nuove e attuali, il tema del sacro, una “nuova teologia”, che accoglie quelle sollecitazioni culturali etiche e sociali oggetto di un vivo dibattito nella Chiesa contemporanea.

Per facilitare la comprensione dei contesti e testimoniare la prevalente finalità d’uso nel culto delle sacre immagini, le icone saranno esposte accanto a una selezione di preziose suppellettili liturgiche edi arredi antichi provenienti dalle chiese dell’Eparchia.

Storicamente, prima della nascita dell’Eparchia di Piana degli Albanesi (già “Piana dei Greci”), nel 1937, i centri di Mezzojuso, Contessa Entellina e Palazzo Adriano dipendevano dall’Arcidiocesi di Palermo, mentre Piana dei Greci e Santa Cristina Gela da quella di Monreale. Il progetto vuole anche porre l’attenzione sulle diverse contestualizzazioni locali, sulle scuole e gli iconografi del XVII secolo, come Ioannìkios Cornero (o Gornero) da Candia, pittore dotato di eccezionale forza e resistenza, alla tradizione iconografica, che nel piccolo centro di Mezzojuso avviò una pregevole produzione artistica post-bizantina.

A lui sono attribuite alcune icone ancora esistenti nelle chiese di Mezzojuso, Piana degli Albanesi e nel Museo Diocesano di Monreale. Sempre della seconda metà del Seicento è da evidenziare la tavola illustrativa di un inno megalynarion mariano della Divina Liturgia di San Basilio, che accomuna cinque temi iconografici distinti: l’“Epi soi chairei” (= “In te si rallegra”) del ben noto Leo Mòskos, appartenente ad una famiglia di iconografi conosciuti a Venezia e nei territori della Serenissima. Le icone, sia quelle ereditate da generazioni passate, sia quelle prodotte in tempi più recenti, testimoniano una continuità di fede e di espressione artistica memore di antiche ed originali tradizioni figurative e liturgiche.

Tra le icone storiche in mostra, si segnalano la “Epì soi chaìrei” (In te si rallegra)” di Léos Mòskos, conservata nella chiesa di San Nicola di Mira a Mezzojuso, e la Croce astile bifacciale attribuita al Maestro dei Ravdà della fine del XVI inizi del XVII secolo, conservata anch’essa a Mezzojuso presso Santa Maria di tutte le Grazie.

Info e ingresso

La mostra rimarrà fruibile fino al 4 settembre 2019, dal martedì al sabato, dalle 9:30 alle 15:30. Domenica e lunedì chiuso.

L’ingresso al museo propone le seguenti formule: Museo Diocesano + Transetto nord e Cappella Roano 4,00 € – Ridotto gruppi (superiori a 20 persone) e over 65 3,00 €; Cappella Roano e Transetto nord + Terrazze 3,00 €; Cappella Roano e Transetto nord 2,50 €.



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